Filosofia (art. L’amore)

L’amore

amore

[L’ amore è metafora della filosofia perché l’uomo non possiede il sapere,ma si sforza per ottenerlo;può riuscire ad avvicinarvisi, ma non si tratta comunque di una conquista definitiva: il pieno sapere è irraggiungibile.]

Non si può che scrivere di Platone quando si parla del concetto d’amore in filosofia. Abbiamo senz’altro sentito nella nostra vita la definizione di “amore platonico”. L’amore platonico corrisponde all’essenza mitizzata del femminile in una donna da non amare. Benché alcuni scritti del filosofo diedero origine a tal definizione, il pensiero di Platone sull’amore fu molto più ampio ed approfondito. Egli guardò all’amore in maniera metafisica e passionale.

Due sono i dialoghi da lui dedicati specificamente all’amore: il Simposio (dal Greco sun+pino=bere insieme) per intero e la prima parte del Fedro. La necessaria premessa per la comprensione del discorso è il Fedone, dedicato alla natura dell’anima umana: se infatti non si comprende quest’ultima, non è possibile neppure comprendere che cosa sia l’amore, che per Platone è per l’appunto un’affezione dell’anima. Nel Simposio, la parola va ad Aristofane che narra della presenza, molto tempo fa, di tre generi sulla terra: i figli del sole, gli uomini; i figli della terra, le donne ed un terzo genere, i figli della Luna un genere speciale, uomo e donna allo stesso tempo.

Il mito racconta che la completezza di questi esseri li rese così arroganti da immaginare di dare la scalata all’Olimpo, e Zeus per punirli, separò ciascuno di loro in due metà, riducendoli a solo maschio e solo femmina. Il filosofo per esprimere propri concetti, utilizzò la figura di Socrate che fu bocca dei suoi pensieri. Vanno tenute in considerazione le affermazioni a riguardo della maieutica (Socrate diceva di fare lo stesso lavoro della madre che era un’ostetrica: lei faceva partorire le donne, lui le idee). Qua Platone ci parla d’una vera e propria fecondazione delle anime. Ben si intuisce che la ricerca dell’amore combacia con quella della filosofia. Il Simposio di Platone è un banchetto in cui diversi filosofi del tempo e non solo si scambiano loro opinioni, sul tema dell’amore. Come ad esempio, durante il periodo rinascimentale, Marsilio Ficino introdusse la filosofia dell’amore in un quadro speculativo originale, caratterizzato da un cristianesimo peculiare e dalle venature fortemente umanistiche o Giordano Bruno che ripensò al concetto di eros alla luce della straordinaria potenza del tema dell’infinito e della nuova concettualizzazione della materia e della natura umana.

Ora però vediamo più nel dettaglio, in che modo il nostro concetto d’amore è stato influenzato. Per far questo bisogna fare una netta distinzione tra la visione d’amore occidentale (influenzata da una dottrina religiosa dogmatica) e quella orientale (influenzata da una dottrina religiosa spirituale).

INFLUENZE IN OCCIDENTE

La prospettiva biblica: La cultura occidentale risente, senza dubbio ed in prima battuta dell’influenza apportata dalla tradizione biblica che ha una concezione dell’amore ben diversa da quella greca. Difatti in esso la prospettiva d’amore non riguarda in senso stretto l’uomo, ma Dio che prende l’iniziativa al fine di aver cura dell’uomo. Pertanto l’amore non è, come nel caso della prospettiva platonica, tensione per il raggiungimento della perfezione, ma prende le mosse dal desiderio di Dio che l’uomo viva in comunione con Lui, nella giustizia e nella pace, in questo mondo. A questo proposito il libro dell’Esodo è incentrato proprio sull’intervento di Jahvè che vuole liberare dalla schiavitù il suo popolo, con lo stesso amore e la stessa passione che uno sposo ha nei confronti della sua sposa. Essenzialmente non appare diverso il messaggio del Nuovo Testamento, anche se Gesù, pone l’accento sul fatto che Dio si ama amando il prossimo, amando l’uomo. È un amore che si muove dall’alto verso il basso e che non può essere definito con il termine eros, perché ha una connotazione sostanzialmente diversa: l’amore qui descritto infatti non è desiderio di bellezza e di perfezione, ma dono gratuito, disinteressato, che spinge a farsi carico dell’altro, fino a sacrificare il proprio tempo, le proprie risorse, la propria vita. Perciò viene usato il termine agape, dal greco agapàn, che esprime il rispetto e l’affabilità con cui ci si rivolge a chi, almeno apparentemente, non ha titoli da accampare. Tuttavia è interessante notare come l’eros non sia totalmente escluso: infatti il principio di autorealizzazione permane accanto ad una visione dell’amore che nulla pretende e l’unica motivazione di tale atteggiamento è data dal fatto che Dio stesso ama l’uomo così. Un simile amore, non necessariamente legato a ciò che è bello e gradevole per l’uomo e che si spinge anche verso i nemici.

Il mondo medioevale: Nel corso di tale periodo si assiste ad una commistione di eros ed agape, sia in autori cristiani che in autori pagani. In particolare Sant’Agostino ha influenzato grandemente la filosofia cristiana. Dopo aver aderito alla filosofia platonica si converte al cristianesimo, al cui ideale dedicherà tutta la sua vita, convinto del fatto che l’uomo sia mosso da un desiderio di soddisfazione. Tale desiderio, in un primo momento, si orienta verso i beni creati, finiti che però deludono per la loro fugacità, perché infatti l’uomo desidera una soddisfazione che sia infinita, un bene infinito. Agostino definisce tale desiderio charitas, precisando che esso è un amore di risposta all’iniziativa di Dio e quindi conserva alcuni aspetti dell’agape evangelica, ma ha in sé anche alcune connotazioni dell’eros platonico, in quanto é un desiderio che ha come oggetto il bene infinito. Il cristiano tuttavia può amare la creatura non in se stessa , ma in virtù del fatto che é segno di Dio: l’oggetto d’amore non è l’uomo in sé, ma ciò a cui l’uomo stesso rimanda. L’amore dunque é ricerca d’un Bene infinito, che ha in sé anche la ricerca d’un bene personale. La novità apportata da tale lettura sembra pertanto consistere nella proposizione di un unico bene, Dio, all’esigenza di felicità e compimento dell’uomo. Infatti, come già approfondito, per Platone la tensione verso un Bene assoluto non esclude che in una prima fase si subisca il fascino della bellezza sensibile; nella prospettiva biblica è la bellezza di Dio a spingere l’uomo a prendersi cura del prossimo. Per Agostino invece il dono di sé é possibile solo in virtù della partecipazione alla vita di colui al quale ci si dona e del fatto che le creature sono segno di Dio. Ne deriva che bisogna rifiutare un amore alla creatura considerata in sé , prescindendo da quell’oltre che la caratterizza e che la porta verso il mistero. In tal senso la charitas agostiniana fornisce un’originale sintesi delle prospettive platonica e biblica. Anche in San Tommaso troviamo una concezione simile, nella distinzione tra amore naturale (amor concupiscientiae) ed amore intellettuale (amor benevolentiae). L’amore è visto come vincolo di natura effettiva nel rapporto tra uomo e Dio. E’ interessante notare come anche in autori cattolici del xx secolo si ritrovino convinzioni simili. Per Guitton l’amore vero costituisce un superamento dell’attaccamento sensibile,esteriore; per Maritain un profondo amore di Dio non può restare legato all’amore del sé, ad un amore umano che non dia spazio alla dipendenza dall’infinito. Sembrerebbe di essere di fronte ad una svalutazione dell’amore visto come eros e quindi dell’amore umano, che spiegherebbe l’odierno radicale rifiuto del messaggio cristiano ed il ritorno all’insegnamento tradizionale, vicino alla prospettiva portata avanti dalla cultura greca classica. Ma proprio nell’epoca medioevale, che aveva apparentemente messo da parte la passione amorosa, nasce una nuova esperienza dell’amore che coincide con la nascita della poesia provenzale nel XII secolo in Francia. In tale contesto i giovani che vivono come cavalieri presso la corte di un feudatario, iniziano a provare un sentimento nuovo verso la moglie del loro signore. Non si tratta si semplice impulso sessuale, ma si tratta piuttosto di sublime amore. L’amore cortese non è solo desiderio sessuale, ma desiderio trasfigurato, orientato all’unione indissolubile dei cuori. L’amore cortese valorizza l’attrattiva esercitata della bellezza e quindi riscopre l’eros per la creatura, tipico della prospettiva platonica. Ma con una sostanziale differenza: mentre Platone considerava il desiderio della bellezza corporea un’esperienza da superare per elevarsi all’assoluto ed esaltava il rapporto omosessuale, l’erotica provenzale anzitutto esalta il rapporto eterosessuale e considera la donna non come semplice mezzo di propagazione della specie, ma come persona da amare in modo da coinvolgere sia la dimensione spirituale che quella corporeo sessuale.

INFLUENZE IN ORIENTE

L’amore è la forza più potente che esista nel cosmo, secondo tutti i maestri orientali spirituali di tutte le epoche.

“Quando il potere dell’amore avrà sostituito l’amore per il potere, l’uomo avrà un nuovo nome: Dio” (Sri Chinmoy)

L’ideale spirituale ricerca un amore che sia incondizionato, che riesca a sorvolare al di sopra di tutte le imperfezioni dell’oggetto amato. Di un amore che spalanchi il cuore e lo renda pieno di gratitudine per il semplice fatto di esistere in questo mondo immenso e vasto. E’ vero, il mondo è imperfetto e l’umanità, così come è oggi, è imperfetta. Ma se noi dobbiamo aspettare che gli altri siano perfetti, per amarli, allora questi non avrebbero più bisogno del nostro amore. E noi non ameremo mai. Il vero amore non giudica gli altri. Il giudizio implica già separazione. L’amore è di per sé unità. Questi maestri insegnano che per amare gli altri, occorre prima di tutto amare veramente, sinceramente e incondizionatamente sé stessi. Sembra una cosa scontata, eppure quanto spesso ce ne si dimentica! Spesso ci odiamo o ce la prendiamo con noi stessi perché non siamo all’altezza delle nostre aspettative, o perché vediamo i nostri difetti e ci sentiamo non degni d’amore. Ma questo è sbagliato, perché il vero amore è solo quello incondizionato. Il vero amore è dare, dare, dare, senza mai aspettarsi nulla in cambio. Un amore inteso in senso ampio e spirituale, un amore per tutte le cose e creature dell’universo. Un amore che espande la nostra coscienza e ci mette a contatto con la nostra verità più profonda. Si pensi ai bambini piccoli. I bambini piccoli sono amabili e adorabili e di per sé sono pieni d’amore per ogni cosa. Questo, da una prospettiva spirituale, accade perché in essi non si è ancora formata la mente e di conseguenza l’ego che caratterizza l’età adulta. I bambini sono spontanei e sono tutto cuore. Il modo che essi indicano per incrementare l’amore è meditare concentrandosi sul proprio cuore. Non il cuore fisico, ovviamente, ma il centro energetico del cuore posto proprio al centro del petto. Concentrandosi e meditando sul cuore, immaginando di espanderlo dolcemente, immaginando un oceano di pace che inonda il cuore, automaticamente si svilupperà in noi la capacità di amare. L’amore è, nello Yoga, anche la chiave per unirsi al proprio vero Sé. Nessuno di noi sa chi è il Sé, che cos’è esattamente, perché finché non l’abbiamo conosciuto direttamente, ne abbiamo solo potuto ricevere delle descrizioni. Lo si conoscerà sol quando cadrà la maschera dorata che lo rappresenta, e resterà solo la nuda verità della vera essenza. Questa tecnica è detta bahkti yoga, lo yoga dell’amore. Sri Ramakhrisna è stato un grandissimo maestro bahkti dello scorso secolo. Egli adorava la Madre Divina, e cadeva in trance rapito dall’amore per la sua adorata Madre Divina. Il Bahkti alla fine si fonde e diventa uno con l’oggetto dell’adorazione. Alla fine non esiste più l’adoratore e l’adorato, il conoscitore e il conosciuto. Vi è solo unità. Ma per giungervi, poiché viviamo nell’ego illusorio, occorre una forza di unione profonda, profondissima e molto potente: l’amore, la più potente di tutti. L’amore porta l’essere umano a unirsi con il proprio vero sé, ciò che già è, esistenza, coscienza, beatitudine. Quando si parla di amore in oriente senza dubbio bisogna anche far riferimento al tantra. La parola “tantra” significa tecnica, il metodo, il sentiero, perciò non è filosofico. Non si occupa di problemi e di indagini intellettuali. Non si occupa del “perché” delle cose: si occupa del “come”, non di che cosa sia la verità ma di come possa essere raggiunta. I riti sessuali potrebbero essere emersi agli inizi del Tantra induista come un metodo pratico di generare fluidi corporei trasformativi per costituire un’offerta vitale alle divinità tantriche, oppure essersi evolute da cerimonie di iniziazione dei clan che comprendevano la transazione di fluidi sessuali. Nelle tradizioni tantriche vi è la piena accettazione della varietà del mondo, del piacere in generale e del desiderio sessuale o amoroso (kāma) in particolare. Del resto in India il sesso non è certo un’attività peccaminosa, anche se il perseguire il piacere, l’esserne in qualche modo dipendente cioè, continua a legare l’individuo al mondo ostacolando la liberazione. Questo contrasto fra il sesso e il fine spirituale delle liberazione è risolto, in alcune tradizioni tantriche, guardando all’eros come la via maestra per accedere al divino, eros qui inteso come principio presente in diverse forme, non solo nei riti e nelle pratiche, ma anche nelle speculazioni metafisiche, nella teologia, nella mitologia, nei pantheon e nello yoga. Quando eseguito in accordo al Tantra il rituale sessuale culmina in una sublime esperienza di infinita consapevolezza, per entrambi i partecipanti. I Tantra specificano che il sesso ha tre finalità ben distinte: procreazione, piacere e liberazione. Il libro più celebre nella letteratura sanscrita sull’amore è il Vātsyāyana Kāma Sūtra (“Aforismi sull’amore, di Vatsyayana”). Il Kāma Sūtra è un antico testo indiano sul comportamento sessuale umano anche se, più precisamente, solo il 20 per cento del libro è dedicato alle posizioni sessuali. Il resto è una guida su come essere un buon cittadino e parla delle relazioni fra uomini e donne. Il Kama Sutra descrive il fare l’amore come un’unione divina. Vatsyayana credeva che il sesso in sé non fosse sbagliato, a meno che non lo si facesse in modo frivolo. Il Kama Sutra ha aiutato le persone a godere dell’arte del sesso in maniera più profonda e può essere considerato una guida tecnica al godimento sessuale, oltre a provvedere ad una descrizione dei costumi e delle pratiche sessuali dell’India di quei tempi.

Ma torniamo a noi. Più precisamente alla concezione filosofica contemporanea data all’amore. La società odierna ha mercificato l’esistenza umana in tutte le sue forme e sfaccettature. Ma neanche i più tignosi ed ostinati avversari della cultura moderna avrebbero immaginato che si sarebbe arrivati a dare un valore economico, scientifico e razionale; banalizzando il sentimento che è alla base delle relazioni profonde e dei legami solidali tra gli esseri umani di tutte le società: l’amore. Nella sua opera Lineamenti di filosofia del diritto, il filosofo Hegel offre una corretta definizione di famiglia, definendo la stessa come “il primo momento dell’eticità, cioè della condivisione oggettiva di valori morali. [..] l’eticità nel suo momento “immediato” e “naturale”, la prima forma della negazione dell’individuo in quanto tale: ciò che era “due” diventa oggettivamente “uno”; la sintesi che trasforma, senza perderli, l’uomo e la donna, in un legame indiviso e indivisibile, in un’unica persona”. In altre parole, la famiglia è il risultato di un atto totale di amore, il cui effetto è la negazione della propria individualità, anzi, del proprio individualismo, in favore di questa iniziale ed embrionale espressione e manifestazione di comunità. L’amore è dunque questo atto di donazione totale del sé all’altro, e da tale donazione non strumentale né provvisoria scaturisce la vita. Questa visione della famiglia, della comunità sociale, dello Stato, poggia dunque su di una concezione di amore che è rifiuto del proprio egoismo e del proprio individualismo di fronte alla creazione di un sola  ed unica persona. Hegel ai giorni nostri si ricrederebbe. Questa concezione di amore è rimasta intatta forse in quell’esigua porzione di umanità che non ha censurato in toto una concezione spirituale dell’esistenza, che almeno a parole non ha degradato ogni aspetto della vita e delle relazioni umane alla logica del “usa e getta”, del “godo finché dura”, del “domani è un’altra storia”. L’idea di amore come di una forza che regola i rapporti sulla base di un sentire spirituale condiviso, non soggetta ai flussi economici della razionalità che massimizza il godimento e minimizza il sacrificio, è andata ad accrescere l’elenco di tutto ciò che appartiene ad un altro tempo, un’altra società. Un altro essere umano. Le stabili relazioni umane ormai rappresentano una chimera. Esse sono state scalzate dalla pura mercificazione dell’uomo, della donna e dell’amore. Su questo tema fa riferimento un grande filosofo del nostro tempo: Alain Badiou.

“L’amore non è un contratto fra due narcisisti; è molto di più. È una costruzione che obbliga i partecipanti ad andare oltre il narcisismo. Affinché una storia d’amore duri, è necessario reinventarsi” ( Alain Badiou)

Badiou ex maoista e sessantottino, è figura controversa in Francia tanto che la rivista Marianne gli ha dedicato un articolo intitolato “Badiou: l’astro della filosofia è un bastardo?” Nel suo libro, “Elogio dell’amore” egli scrive: “Solo una volta ho rinunciato all’amore, il mio primo amore, e solo in seguito mi sono reso conto di avere fatto un immenso errore. Ho cercato di recuperare quel sentimento quando ormai era tardi, troppo tardi: la mia amata stava per morire. Ma con un’intensità e un senso di necessità fuori dal comune”. Quella rinuncia e il tentativo di recupero hanno segnato tutte le relazioni sentimentali del filosofo: “Ho vissuto momenti drammatici e sono stato assalito dai dubbi, però non ho mai più ripetuto l’errore. Perché il sentimento provato per le donne che ho amato è durato per sempre”. Ed ancora; sulla tematica dell’amore vissuto in quest’epoca di piaceri preconfezionati e di amanti usa e getta egli afferma: “Risolvere i problemi esistenziali dell’amore è la grande gioia della vita”. In questo senso lui fa una netta distinzione tra desiderio (sesso) ed amore. “Mentre il desiderio si focalizza sull’altro sempre in un modo un po’ feticistico, concentrandosi su particolari elementi come il seno, il sedere e il pene, l’amore è associato all’essenza dell’altro e si concentra sul momento in cui quest’ultimo fa irruzione con tutta l’anima nella nostra esistenza, che viene quindi sconvolta e trasformata”. In altre parole: l’amore è, per molti aspetti, il contrario del sesso. Secondo Badiou, l’amore è quello che avviene dopo l’irruzione casuale e sconvolgente nella nostra vita. Esprime il concetto in modo filosofico: “L’assoluta casualità di un incontro assume l’aspetto del destino. La dichiarazione d’amore segna la transizione tra caso e fato, ed è per questo che è così rischioso e causa una terribile ansia da prestazione”. Il lavoro dell’amore consiste nello sconfiggere questa paura. Badiou cita Stéphane Mallarmé, per cui la poesia significava “sconfiggere il caso, parola dopo parola”. Una relazione amorosa è simile: “È la casualità di un incontro che viene sconfitta giorno dopo giorno dall’invenzione di qualcosa che durerà” scrive Badiou. Certo, con il suo elogio della fedeltà sembra anche lui, come Hegel un uomo fuori dal suo tempo. “Oggi a Parigi il 50 per cento delle coppie sta insieme non più di cinque anni” afferma. “Ed è triste, perché non credo che sappiano cosa sia la gioia dell’amore. Conoscono forse il piacere, ma la tesi di Lacan sul sesso è nota a tutti”. Secondo lo psicoterapeuta Jacques Lacan, il rapporto sessuale non esiste. Lacan sosteneva che la realtà si colloca in una dimensione narcisistica, mentre i legami sono frutto dell’immaginazione. “In parte sono d’accordo. Se ci si limita al piacere, si resta in una dimensione narcisistica e non si entra in sintonia con l’altro, dal quale si cerca solo di trarre piacere”. Badiou, quindi propone una nuova filosofia dell’amore, secondo la quale bisogna affrontare i problemi e impegnarsi per risolverli per salvare l’amore dalle sue nuove concezioni, dalla nostra società “impegno-fobica”, dai mass-media, da internet. Proprio su internet, ed in particolare sui siti d’incontri, egli si scaraventa con veemenza. “Per me” dice “distruggono la poesia dell’esistenza. Cercano di sopprimere l’avventura dell’amore. La loro idea è quella di associare persone che hanno somiglianze in quanto a gusti, fantasie, tipologie di vacanze, e che vogliono lo stesso numero di figli. Insomma cercano di fare tornare in auge i matrimoni combinati: non dai genitori, ma dagli innamorati stessi. L’amore però è un’altra cosa. Non si può comprare un’anima gemella. Il sesso sì, ma non l’amore di qualcuno”. In ultima istanza, per Badiou l’amore sta diventando un bene di consumo.

“L’amore è l’esempio più chiaro di verità. Inizia con un incontro cui non si dà peso, ma solo più tardi ci si rende conto della sua importanza. Lo stesso avviene con la scienza: si scopre qualcosa di inaspettato, come le montagne sulla Luna, e poi ci si deve appellare alla matematica per trovare un senso. Questo è un processo di verità perché in ogni esperienza soggettiva è presente un valore universale. È una procedura di verità perché ha inizio dall’esperienza soggettiva, e poi assume valore universale”.

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